V lectio di P. Maurizio Teani sj – Venerdì 16 febbraio 2018

L’enigma e il senso della storia.

Una lettura del profetismo biblico – ISAIA

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Testi di riferimento: brani tratti dai capitoli 28 – 29 – 30 del profeta Isaia

La voce del profeta spesso non viene accolta perché le sue parole sono scomode e destabilizzano la quotidianità dei più, costruita su abitudini e sicurezze relative.

Is 30, 10: Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” … questo versetto esprime la voce del popolo che invita il profeta a chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

E ai profeti: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni!” … La Scrittura registra la realtà di sempre: la gente, anche religiosa, normalmente vuole sentire messaggi che non disturbino, anche a costo di falsare la realtà, per evitare di fare i conti con i problemi del periodo storico. Si tende a dare attenzione a chi vende illusioni, dice cose piacevoli. Non ci sono mai questioni e risposte facili, non c’è mai una lettura unidirezionale dei fatti, a volte nella Scrittura troviamo letture opposte. Questo richiede la capacità di portare il peso della ricerca, dell’ascolto, della pazienza. I profeti non annacquavano il messaggio, quindi venivano contrastati.

Questo testo si può articolare dentro un’unità testuale più ampia che comincia al capitolo 28: è la parte che riguarda i cosiddetti oracoli. A livello storico ci troviamo nel periodo della crisi assira, dal 740 a.C. in poi. Le due superpotenze del tempo erano l’Assiria e l’Egitto, quest’ultimo cercava di contrastare il dominio della regione assiro-palestinese. Il regno di Giuda era suddito della potenza assira e la gente cercava di scrollarsi di dosso questo dominio, chiedendo aiuto all’Egitto.

Il profeta, contrastando la volontà del popolo, sostiene che bisogna fidarsi di Dio e che l’atteggiamento della gente è come quello di un ubriaco, inconsapevole delle proprie azioni. All’inizio del capitolo la situazione sta per precipitare, ma la gente non se ne rende conto.

Vs 28,1 Guai alla corona superba degli ubriachi di Efraim… Efraim è la tribù più grande del Nord. Il profeta alza un lamento per quei disgraziati che a causa di scelte infelici si sono ridotti ad uno stato di stordimento, che li sta facendo precipitare verso il baratro.

Vs 7 Sacerdoti e profeti barcollano per la bevanda inebriante… anche le due figure, che dovrebbero essere di guida del popolo, il sacerdote, guidando il culto al tempio, e il profeta, aiutando a leggere la realtà, vanno fuori strada e non sono coerenti con i loro doveri.

Un esempio attualizzato di questa Parola, potrebbe essere quello della facilità a reperire armi negli USA: i problemi della società di oggi non si risolvono con la maggiore disponibilità di armi, ma la gente, preoccupata per la propria sicurezza, non capisce la gravità del problema.

  • Stiamo cercando di capire senza prevenzioni quello che succede nella realtà intorno a noi? In che mani siamo?

Vs.9 a chi vuole insegnare la scienza? a chi vuole spiegare il discorso? … Questa gente non solo non ascolta e non capisce la gravità della situazione, ma prende anche in giro il profeta.

Vs 10 precetto su precetto, precetto su precetto, norma su norma, norma su norma… questo versetto ripetitivo nel testo ebraico corrisponde ad una serie di assonanze, suoni senza senso, come una filastrocca che non vuole dire niente.

Vs 13 in questo versetto vengono ripetuti gli stessi suoni descritti al versetto 10 a significare che la Parola del Signore risulterà incomprensibile per la popolazione di Giuda, che è rimasta indifferente all’invito del profeta a riflettere sulla complessità delle situazioni: non capisce più, come succede agli ubriachi. La popolazione di Giuda nel suo insieme risulta in preda ad un accecamento interiore, la stessa cecità che Gesù imputa ai farisei, quando li ammonisce “se foste ciechi, non avreste colpa, ma siccome dite di vederci, il vostro peccato rimane”, oppure “non può un cieco guidare un altro cieco”.

Nel capitolo 29 Isaia ribadisce che non sono solo i sacerdoti e i profeti ad essere preda di questa ubriacatura, ma tutto il popolo rimane indifferente all’ascolto della Parola. Questa mentalità si trasmette e il risultato è che arriviamo alla deriva ultima, non comprendendo il senso di quello che sta avvenendo. Ciò viene raffigurato attraverso l’immagine del libro sigillato.

Vs 11 Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere dicendogli: “Leggilo”, ma quegli risponde: “Non posso, perché è sigillato” … Il libro sigillato è l’immagine del progetto di Dio sulla storia dell’uomo: Dio è presente e agisce, ma nessuno riesce ad interpretare quello che succede.

L’immagine del libro la ritroviamo al capitolo 5 dell’Apocalisse dove si legge:

Ap 5,1 E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, … sigillato con sette sigilli … Sette è il numero che esprime la pienezza. Il libro è scritto fuori e dentro, contiene tutto, ma non si può aprire: a simboleggiare il piano di Dio per l’uomo, il senso della storia che rimane incomprensibile ai più.

Ap 5,4 Io piangevo molto… a sottolineare la sofferenza che si prova a non comprendere bene l’evoluzione della storia.

Ap 5,5 ha vinto il leone della tribù di Giuda… e aprirà il libro e i suoi sette sigilli. Il leone annunciato rappresenta Gesù, ma compare un Agnello, a significare che la vittoria viene attraverso la mitezza.

Ap 5,6 …un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi… L’agnello ha sette corna (simbolo di potenza) a rappresentare il potere salvifico di Gesù e ha sette occhi (simbolo della conoscenza), ossia l’Agnello vede tutto, sa programmare, non gli è nascosto niente. Il Figlio dell’uomo, che è stato immolato sulla CROCE, rappresenta la chiave che apre il libro della storia, che ci aiuta a comprenderne il senso. Siamo chiamati tutti noi a rivivere l’esperienza che Giovanni fa nell’Apocalisse, a riconoscere che nella Pasqua di Cristo, nella sua morte gloriosa, è cambiata la storia, è entrata la forza dell’Amore che salva e libera. Se siamo lasciati a noi stessi, ci sfugge il senso della storia, della nostra vita, ma attraverso il leone che si è rivelato come Agnello immolato è possibile leggere la storia. Questo è il cuore del Vangelo e della nostra fede, che era già stato prefigurato nell’Antico Testamento.

Ritornando infatti al capitolo 29 di Isaia.

Is 29,13 dice il Signore: “Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani …” presenta un altro atteggiamento deteriore da parte della gente, che non ascolta, deride quelli che mettono a fuoco la situazione e poi fa cerimonie come pratica religiosa. Qui Isaia evidenzia il rischio di pensare che si può onorare Dio con un rito esterno che sostituisce la conversione del cuore, argomento che nel nostro presente è stato ripreso dal gesuita Pietro Bovati:

L’ascolto del Signore è rimpiazzato da un appariscente e ripetuto apparato rituale. La vita credente è così identificata con cerimonie e culti, con osservanze e regole esteriori, con celebrazioni e feste che offrono l’apparenza della fedeltà a Dio senza tuttavia impegnare la coscienza, senza davvero convertire il cuore.

A questo proposito troviamo parole molte dure in diversi testi profetici, come ad esempio al capitolo 1 di Isaia:

Vs 10 Udite la parola del Signore…questo invito ad ascoltare la Parola viene ripetuto più volte.

Vs 13 non posso sopportare delitto e solennità

Vs 17 imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova: qui spiega cosa vuole Dio. In certe situazioni si può vivere il rapporto con Dio senza culto, ma senza giustizia no.

Ricordiamo anche Geremia al capitolo 7 (testo ripreso da Gesù nel vangelo): avete ridotto la casa del padre mio ad una spelonca di ladri: il tempio, che dovrebbe essere il luogo in cui si prendono le distanze dal male, è diventato rifugio per i malfattori. E’ la bestemmia vera contro l’identità di Dio ed è un rischio ricorrente.

  • E’ un invito a comprendere bene il senso del culto, della preghiera, che non è fine a se stessa, ma è in funzione della vita secondo il Vangelo.

Nel capitolo 30, Isaia denuncia la stupidità di Israele nel rivolgersi all’Egitto:

vs 1-2 Guai a voi, figli ribelli, che fate progetti senza di me, vi legate con alleanze che io non ho ispirate così da aggiungere peccato a peccato. Siete partiti per scendere in Egitto senza consultarmi, per mettervi sotto la protezione del faraone e per ripararvi all’ombra dell’Egitto.

  • Noi, anche come Chiesa, a chi chiediamo aiuto?

Quello che è accaduto al tempo di Isaia, la sua denuncia, non è una cosa lontana, ma ci interpella anche oggi, di fronte alla crisi perdurante non solo economica, ma anche morale e culturale, avvertiamo la stessa sensazione di accerchiamento che sentivano i Giudei di fronte all’Assiria. Rischiamo anche oggi di uniformarci acriticamente al giudizio dell’ideologia rassicurante, di non volere guardare in profondità la realtà che stiamo vivendo con le sue potenzialità e difficoltà, di non voler ponderare quello che sta succedendo veramente.

A questo proposito, Bovati sostiene che Chi governa tende a creare servilismo e anche coloro che per vocazione (i profeti) sarebbero chiamati a parole coraggiose di libertà sentono il fascino del consenso nei confronti del potente e accettano per sopravvivere e per fare carriera di sottomettere la verità alle opinioni vincenti.

In questa situazione si finisce per convincersi che l’unica soluzione è ricorrere al faraone di turno, sposando letture semplicistiche della realtà e appoggiando soluzioni basate sulla mera logica della forza. La follia denunciata dal profeta si ripresenta.”

Questo fatto non è neutro, ma ne va del futuro, perché ci potrebbero essere conseguenze di morte.

  • Torniamo a lasciarci interrogare!

DOMANDE:

  • Come uscire dalla cecità imperante?

Le possibilità ci sono, ma se non ci si lascia interrogare, si finirà nel baratro. Due esperienze possono scuotere le coscienze: un grande errore o una grande sofferenza. Si può cambiare quando c’è un coinvolgimento emotivo.

  • Dove sta il profetare oggi?
  • Quale Dio stiamo facendo vedere?

Si profetizza anche con i gesti. Il Papa suscita resistenze perché tocca punti caldi, ad esempio invita la Chiesa ad essere un OSPEDALE DA CAMPO, immischiata e coinvolta nella sofferenza umana.