2° Incontro – 25 Ottobre 2024
ABRAMO
La Bibbia nelle prime pagine, dopo aver illustrato il progetto originario di Dio come volontà di benedizione, di comunione e di vita, descrive la situazione di maledizione, divisione e morte in cui versa l’umanità.
Quale cammino intraprendere per aprire un varco ad una convivenza giusta e fraterna?
Una risposta è offerta dalla figura emblematica di Abramo, descritta nei capitoli 12-25 di Genesi: in essa Israele scorge ciò che è chiamato ad essere e a testimoniare nel mondo.
La storia di Abramo si inserisce nel contesto delle grandi migrazioni di popoli. In Genesi 11,31 si legge che il padre di Abramo, Terach, uscì da Ur e si diresse a Charran, spostandosi dalla parte meridionale a quella settentrionale della Mesopotamia, portando con sé tutta la famiglia. Abramo, che in un primo tempo vive passivamente questo movimento, ad un certo punto è portato a scoprirne il significato profondo e vi legge l’appello che viene dall’alto di assumere lo statuto di emigrante. Ciò che gli viene chiesto è di far propria la vita del nomade, rinunciando a garanzie e diritti certi che derivano dall’essere insediato in un territorio preciso. Egli resterà per tutta la vita un emigrante e solo morendo diventa residente. L’assumere consapevolmente la condizione di emigrante, cioè spoglio di sicurezze e di diritti da difendere contro altri, costituisce la condizione fondamentale per realizzare il progetto di Dio, per ricostruire la fraternità tra i popoli, edificando una città alternativa rispetto a Babele, fondata sulla mitezza e non sulla violenza.
Per Abramo significa sperimentare una nuova nascita, come lascia intendere il verbo “uscire”, che in ebraico è il verbo della nascita.
Nella figura e nella storia del pastore Abramo Israele legge i tratti che devono caratterizzare la sua identità profonda: popolo di pastori nomadi (Gn 46,31-34) in cammino verso una terra in cui abitare, è chiamato ad assumere questa condizione itinerante, come dimensione essenziale del suo essere, dimensione che deve essere mantenuta sempre, anche dopo la sedentarizzazione. Per questo deve fare memoria della propria origine e ricordare che la terra che “possiede” gli è stata donata, come rimarca Dio stesso in Levitico 25,23 ”La terra è mia e voi siete presso di me come emigranti stranieri e come residenti temporanei”.
L’appello di Dio ad Abramo – e, in lui, a tutta l’umanità – tende a coinvolgerlo su strade pazientemente percorse attraverso lenti apprendimenti.