3° Incontro – 8 Novembre 2024
Abramo e l’Ospitalità
Il passaggio dal mondo animale al mondo umano è probabilmente avvenuto quando si è avuta la percezione che il diverso da me, chi è fuori, extra me e il mio spazio vitale, da nemico, hostis, è divenuto hospes, due termini che secondo i filologi rimandano alla stessa radice. L’arduo passaggio dal ritenere lo straniero come potenziale nemico a riconoscerlo simile a sé aprendosi all’accoglienza, costituisce una conquista mai del tutto definitiva. L’insicurezza che l’estraneo suscita, induce a ritenere primitivo e inferiore tutto ciò che non collima con il proprio universo valoriale.
Genesi 18-19 presenta due episodi contrapposti: da una parte l’accoglienza che Abramo riserva a tre viandanti stranieri; dall’altra la violenza nei confronti dello straniero ordita dagli abitanti di Sodoma. L’apertura di Abramo, il nomade, e l’ostilità di coloro che si sono insediati in un territorio.
Il testo invita a riconoscere come Dio sia all’opera per instaurare un giudizio che getti luce sulla portata e sulle conseguenze di quanto accade nella storia. Tale giudizio verte fondamentalmente sulla qualità della relazione con lo “straniero”, simbolo dell’alterità, la quale sempre domanda riconoscimento e accoglienza (cfr il Giudizio finale: “ero forestiero e mi avere accolto… Mt 25,35).
L’uomo non nasce ospitale, lo diventa dopo una “pedagogia della soglia”, via che permette di riconciliarsi con la propria identità. Rimanere sulla soglia significa attenzione a proteggere il proprio mondo familiare e capacità di apertura e di comunicazione con l’esterno.