Proposte Spirituali Teani – 16 Novembre 2018
Salmo 8
Domande
► Il quotidiano mi appare scontato, ripetitivo? Sono capace di stupore? Mi lascio sorprendere dalla realtà che vivo?
► Avverto che ogni persona è oggetto di una cura particolare da parte del Signore?
► A livello personale, percepisco la premura del Signore per me? Sono stato in grado, in alcuni momenti, di riconoscere le piccole luci che il Signore ha acceso nelle mie giornate?
► L’opera delle mani di Dio è affidata anche a me. Come vivo questa responsabilità?
Proposte Spirituali Teani – 19 Ottobre 2018
Salmo 1
Domande
► Avverto l’esigenza di resistere a una certa mentalità «mondana», che rischia di occupare il mio cuore?
► Nel ritmo della mia giornata/settimana, quanto tempo passo in ciò che è dispersione? Dedico un tempo preciso all’ascolto della Parola di Dio?
► Intuisco la bellezza di radicare la mia vita nella Parola del Signore? Quali passi concreti posso fare in questa direzione?
► In base alle risonanze che il Salmo ha suscitato in me, cosa desidero dire al Signore?
VI lectio di p. Maurizio Teani SJ – Venerdì 16 marzo 2018
L’enigma e il senso della storia
Una lettura del profetismo biblico – Geremia
Testi di riferimento: brani tratti da diversi capitoli del libro di Geremia (6, 7, 13, 17, 29, 31, 32)
Geremia nei primi anni di attività aveva partecipato al movimento Deuteronomista che ricercava una riforma; ma col passare del tempo prese coscienza che questa riforma, che toccava l’esteriorità delle istituzioni, non cambiava niente se il cuore non mutava il suo atteggiamento, che è malato per natura.
Al capitolo 7 Geremia interviene denunciando la situazione religiosa del popolo di Israele che continua a frequentare il tempio, ma non vive il rapporto autentico con gli altri e con Dio stesso. La loro è una religione che serve quasi da copertura ad un comportamento che è contrario a ciò che Dio desidera per il suo popolo: hanno ridotto il tempio ad una spelonca di ladri, parole che lo stesso Gesù citerà nei vangeli.
Vs 7,21-27… Dice il Signore: Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! In verità io non parlai né diedi comandi sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d’Egitto. Ma questo comandai loro: ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi indicherò, perché siate felici…
L’evento fondatore, la liberazione dalla schiavitù, il cammino verso la libertà non è dato dal compiere sacrifici: ci sono certe circostanze in cui si può vivere senza culto esplicito, ma non si può mai vivere senza giustizia, senza il rispetto degli altri e di Dio. Dio chiede solo al suo popolo di Ascoltare la sua voce.
Ma essi non ascoltarono, anzi procedettero con cuore ostinato secondo il loro cuore malvagio… da quando i loro padri uscirono dal paese d’Egitto fino ad oggi io vi ho inviato con premura i miei profeti, ma essi non li ascoltarono.
Quel che il profetismo sostiene con gli ultimi grandi profeti è che il cuore malvagio e chiuso non è il fatto di un momento o di alcuni, ma tutti siamo coinvolti in modo strutturale. In questi versetti si può trovare una radice di quello che la teologia chiama peccato originale, ossia che il cuore dell’uomo è malato, predone, ribelle, ostinato. Proprio quel cuore che, nella mentalità biblica, è sede non solo dei sentimenti, ma è il luogo dove maturano le decisioni di fondo, tramite il quale le persone orientano la propria vita.
Questa riflessione viene sviluppata in 3 punti nel libro del profeta Geremia:
- Vs 6,7 Come fluisce l’acqua da una sorgente, così da essa scorre iniquità: l’acqua sorgiva è comunemente quella buona, ma se la sorgente è impura non si può fare niente per migliorare l’acqua. L’immagine usata dal profeta sta proprio ad indicare che dall’interno, dal cuore di Israele viene fuori il male, proprio a sottolineare la radicalità della situazione che si trova a vivere il popolo.
- Vs 13,23 può un Etiope cambiare la pelle o un leopardo le sue macchie? Allo stesso modo, potete fare il bene voi abituati a fare il male? Il male è un habitus, è qualcosa di innato; viene ancora ribadita la radicalità della situazione di preda del male, della chiusura su sé stessi.
- Vs 17,1 Il peccato di Giuda è scritto con stilo di ferro, e inciso con punta di diamante sulla tavola del loro cuore… Si fa riferimento alle Tavole della Legge. Geremia mette a fuoco una contraddizione che ognuno si trova a vivere: fra l’alleanza con Dio, rappresentato dal cammino di vita scritto sulle tavole della Legge, che è fuori dall’uomo, e il peccato che è presente dentro il cuore dell’uomo. E’ la stessa cosa che Paolo dice nella lettera ai Romani 7, 19: vedo il bene, ma faccio il male. Questo è un punto fondamentale: se uno è in ricerca ed è onesto, deve riconoscere che la libertà, che ritroviamo nel nostro rapporto con Dio, è ostacolata dal nostro cuore, che rimane prigioniero del proprio egoismo.
Tutti i Vangeli presentano la figura di Giovanni Battista prima di quella di Gesù. Questo per sottolineare che Giovanni rappresenta colui che prepara la venuta di Gesù, che riassume il messaggio decisivo dei profeti in due cose: riconoscere i propri peccati e di essere bisognosi.
- La prima condizione per cambiare è riconoscere di avere bisogno e di prendere coscienza della radicalità della difesa di sé stessi. A tal proposito, ricordiamo il versetto 9,41 del vangelo di Giovanni (capitolo che racconta l’episodio del cieco nato): …se voi foste ciechi, non avreste colpa, ma siccome voi dite: noi vediamo, perciò la vostra colpa rimane.
Alla luce di questo è importante leggere il capitolo 31 di Geremia, cuore del libro che parla di un futuro di speranza:
Vs 31,31-34 …Ecco verranno giorni (indica il tempo messianico, i tempi decisivi dell’intervento di Dio nella storia) – oracolo del Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò un’alleanza nuova… questa sarà l’alleanza: porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore.
L’alleanza del Sinai è stata infranta, perché Israele non è restato fedele all’impegno di osservare il Decalogo e la Torah. Questo è l’unico cenno alla Nuova Alleanza nell’Antico Testamento.
Al capitolo 17, Geremia aveva detto che sulla tavola del cuore è scritto in maniera indelebile il peccato, il male. La nuova alleanza che Dio fa con l’uomo, ossia la nuova creazione, consiste nello scrivere la sua Parola di vita sul cuore dell’uomo.
Questa alleanza nuova trova espressione anche in Ezechiele36,36 nelle parole vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi farò vivere secondo i miei statuti…
La trasformazione del cuore dell’uomo è opera di Dio. E’ la stessa novità che Giovanni annuncia quando dice: Viene uno dopo di me che è più grande di me…E’ quella forza che Gesù al capitolo 3,3 di Giovanni sottolinea nell’episodio di Nicodemo: …se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio.
- Come è possibile cambiare, noi che siamo inveterati? Come possiamo diventare esseri nuovi?
Dio è capace di fare cose impossibili all’uomo; questo è il miracolo, in questo consiste la potenza di Dio. E’ quello che annunciamo a Pasqua e che avviene nella celebrazione del sacramento del Battesimo.
Geremia mette in luce nel suo libro anche gli atteggiamenti e gli orientamenti di fondo da assumere nel momento in cui sperimentiamo la durezza del nostro cuore, mentre attraversiamo i nostri momenti di crisi.
Al capitolo 29 ci troviamo nel periodo della prima deportazione da parte dei Babilonesi che avvenne nel 597 a. C., quando Geremia rimase a Gerusalemme e scrisse ai deportati, a quelli che erano nella desolazione e che stavano prendendo coscienza dei risultati ottenuti con un cuore inciso dal peccato:
Vs 29,4 Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia: costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti; prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie….cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare…perché dal suo benessere dipende il vostro benessere … Geremia invita a vivere la condizione di esilio, ad accettare di abitare la crisi, frutto delle nostre scelte e di una società dal cuore indurito, per poter attendere la novità che Dio manderà, quel cambiamento profondo del cuore, che comporterà il ritorno nella terra promessa.
- Accettare la fine di qualcosa, non abbandonando la realtà.
Noi oggi stiamo vivendo la fine di qualcosa, dovuto anche alle nostre resistenze, ma dobbiamo guardare con speranza al futuro (costruite…, piantate…, mettete al mondo figli…).
Un altro testo, in cui Geremia descrive i comportamenti da seguire nel momento della desolazione del cuore, riguarda la vicenda personale di Geremia che è coinvolto nel disastro al capitolo 32, quando si trova imprigionato ed è chiaro che i Babilonesi stanno accerchiando la città di Gerusalemme, che la invaderanno e che ne faranno terra bruciata:
Vs 32, 6 Mi fu rivolta questa parola del Signore: …Comprati un campo…stesi il documento del contratto, lo sigillai, …sotto gli occhi di testimoni …diedi quest’ordine: prendi i contratti…e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo. Poiché dice il Signore: “ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese” … L’ordine di comprare un campo e conservarne il contratto sembra un gesto contradditorio rispetto alla situazione che il profeta sta vivendo, ma è un gesto di fiducia, di speranza che deve rimanere viva.
Per chi è dentro i fatti della Chiesa e si rende conto che le condizioni non sono rosee, con il calo delle vocazioni, con i giovani poco presenti (spesso non per colpa loro), è importante attraversare questo momento di desolazione, non rifiutarlo, non negarlo, attraversarlo ed entrarci dentro con la speranza che il Signore continua a lavorare. Lo Spirito del Signore opera sempre, prima di noi, più di noi, meglio di noi e ci precede, per questo è importante restare attenti e vigilare.
OSSERVAZIONI:
La tematica del cuore è ripresa anche da Gesù in Marco 7,15 e seguenti: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo … ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo…
- Il problema serio consiste nel cambiare il proprio cuore per poter cambiare la realtà che viviamo
Leggendo il versetto di Geremia 29,7: Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare. Pregate il Signore per esso, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere… tornano in mente le parole del testo di Gaber Libertà è partecipazione, quasi a voler dire che dobbiamo tutti partecipare al BENE comune, indipendentemente dalla situazione in cui ci troviamo perché il nostro bene è quello degli altri e viceversa.
- È necessario imparare a vivere come comunità in qualsiasi situazione. La vera libertà consiste nella possibilità di scegliere il BENE anche in circostanze disperate.
Il peccato originale è frutto di un’esperienza, è condizionato sia da eventi esterni sia da qualcosa che c’è dentro l’uomo. Ognuno di noi è il prodotto di ciò che viene prima, viene plasmato da un’esperienza che eredita e che riceve. Per accogliere il seme della novità della Parola di Dio, bisogna prima interrogare la propria esperienza concreta, per rendersi conto che si è bisognosi di essere liberati. Il cambiamento del cuore avviene nel tempo quando si prende coscienza della necessità del trapianto di cuore e si consolida la fiducia del proprio rapporto con Dio Padre, il cui Spirito lavora sempre ed in tutti.
- Chiunque si china sul bisogno dell’altro, costui è un liberato, è uno che è entrato nel cuore di Dio e ha fatto l’esperienza di sentirsi amato.
V lectio di P. Maurizio Teani sj – Venerdì 16 febbraio 2018
L’enigma e il senso della storia.
Una lettura del profetismo biblico – ISAIA
Testi di riferimento: brani tratti dai capitoli 28 – 29 – 30 del profeta Isaia
La voce del profeta spesso non viene accolta perché le sue parole sono scomode e destabilizzano la quotidianità dei più, costruita su abitudini e sicurezze relative.
Is 30, 10: Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” … questo versetto esprime la voce del popolo che invita il profeta a chiudere gli occhi di fronte alla realtà.
E ai profeti: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni!” … La Scrittura registra la realtà di sempre: la gente, anche religiosa, normalmente vuole sentire messaggi che non disturbino, anche a costo di falsare la realtà, per evitare di fare i conti con i problemi del periodo storico. Si tende a dare attenzione a chi vende illusioni, dice cose piacevoli. Non ci sono mai questioni e risposte facili, non c’è mai una lettura unidirezionale dei fatti, a volte nella Scrittura troviamo letture opposte. Questo richiede la capacità di portare il peso della ricerca, dell’ascolto, della pazienza. I profeti non annacquavano il messaggio, quindi venivano contrastati.
Questo testo si può articolare dentro un’unità testuale più ampia che comincia al capitolo 28: è la parte che riguarda i cosiddetti oracoli. A livello storico ci troviamo nel periodo della crisi assira, dal 740 a.C. in poi. Le due superpotenze del tempo erano l’Assiria e l’Egitto, quest’ultimo cercava di contrastare il dominio della regione assiro-palestinese. Il regno di Giuda era suddito della potenza assira e la gente cercava di scrollarsi di dosso questo dominio, chiedendo aiuto all’Egitto.
Il profeta, contrastando la volontà del popolo, sostiene che bisogna fidarsi di Dio e che l’atteggiamento della gente è come quello di un ubriaco, inconsapevole delle proprie azioni. All’inizio del capitolo la situazione sta per precipitare, ma la gente non se ne rende conto.
Vs 28,1 Guai alla corona superba degli ubriachi di Efraim… Efraim è la tribù più grande del Nord. Il profeta alza un lamento per quei disgraziati che a causa di scelte infelici si sono ridotti ad uno stato di stordimento, che li sta facendo precipitare verso il baratro.
Vs 7 Sacerdoti e profeti barcollano per la bevanda inebriante… anche le due figure, che dovrebbero essere di guida del popolo, il sacerdote, guidando il culto al tempio, e il profeta, aiutando a leggere la realtà, vanno fuori strada e non sono coerenti con i loro doveri.
Un esempio attualizzato di questa Parola, potrebbe essere quello della facilità a reperire armi negli USA: i problemi della società di oggi non si risolvono con la maggiore disponibilità di armi, ma la gente, preoccupata per la propria sicurezza, non capisce la gravità del problema.
- Stiamo cercando di capire senza prevenzioni quello che succede nella realtà intorno a noi? In che mani siamo?
Vs.9 a chi vuole insegnare la scienza? a chi vuole spiegare il discorso? … Questa gente non solo non ascolta e non capisce la gravità della situazione, ma prende anche in giro il profeta.
Vs 10 precetto su precetto, precetto su precetto, norma su norma, norma su norma… questo versetto ripetitivo nel testo ebraico corrisponde ad una serie di assonanze, suoni senza senso, come una filastrocca che non vuole dire niente.
Vs 13 in questo versetto vengono ripetuti gli stessi suoni descritti al versetto 10 a significare che la Parola del Signore risulterà incomprensibile per la popolazione di Giuda, che è rimasta indifferente all’invito del profeta a riflettere sulla complessità delle situazioni: non capisce più, come succede agli ubriachi. La popolazione di Giuda nel suo insieme risulta in preda ad un accecamento interiore, la stessa cecità che Gesù imputa ai farisei, quando li ammonisce “se foste ciechi, non avreste colpa, ma siccome dite di vederci, il vostro peccato rimane”, oppure “non può un cieco guidare un altro cieco”.
Nel capitolo 29 Isaia ribadisce che non sono solo i sacerdoti e i profeti ad essere preda di questa ubriacatura, ma tutto il popolo rimane indifferente all’ascolto della Parola. Questa mentalità si trasmette e il risultato è che arriviamo alla deriva ultima, non comprendendo il senso di quello che sta avvenendo. Ciò viene raffigurato attraverso l’immagine del libro sigillato.
Vs 11 Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere dicendogli: “Leggilo”, ma quegli risponde: “Non posso, perché è sigillato” … Il libro sigillato è l’immagine del progetto di Dio sulla storia dell’uomo: Dio è presente e agisce, ma nessuno riesce ad interpretare quello che succede.
L’immagine del libro la ritroviamo al capitolo 5 dell’Apocalisse dove si legge:
Ap 5,1 E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, … sigillato con sette sigilli … Sette è il numero che esprime la pienezza. Il libro è scritto fuori e dentro, contiene tutto, ma non si può aprire: a simboleggiare il piano di Dio per l’uomo, il senso della storia che rimane incomprensibile ai più.
Ap 5,4 Io piangevo molto… a sottolineare la sofferenza che si prova a non comprendere bene l’evoluzione della storia.
Ap 5,5 ha vinto il leone della tribù di Giuda… e aprirà il libro e i suoi sette sigilli. Il leone annunciato rappresenta Gesù, ma compare un Agnello, a significare che la vittoria viene attraverso la mitezza.
Ap 5,6 …un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi… L’agnello ha sette corna (simbolo di potenza) a rappresentare il potere salvifico di Gesù e ha sette occhi (simbolo della conoscenza), ossia l’Agnello vede tutto, sa programmare, non gli è nascosto niente. Il Figlio dell’uomo, che è stato immolato sulla CROCE, rappresenta la chiave che apre il libro della storia, che ci aiuta a comprenderne il senso. Siamo chiamati tutti noi a rivivere l’esperienza che Giovanni fa nell’Apocalisse, a riconoscere che nella Pasqua di Cristo, nella sua morte gloriosa, è cambiata la storia, è entrata la forza dell’Amore che salva e libera. Se siamo lasciati a noi stessi, ci sfugge il senso della storia, della nostra vita, ma attraverso il leone che si è rivelato come Agnello immolato è possibile leggere la storia. Questo è il cuore del Vangelo e della nostra fede, che era già stato prefigurato nell’Antico Testamento.
Ritornando infatti al capitolo 29 di Isaia.
Is 29,13 dice il Signore: “Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani …” presenta un altro atteggiamento deteriore da parte della gente, che non ascolta, deride quelli che mettono a fuoco la situazione e poi fa cerimonie come pratica religiosa. Qui Isaia evidenzia il rischio di pensare che si può onorare Dio con un rito esterno che sostituisce la conversione del cuore, argomento che nel nostro presente è stato ripreso dal gesuita Pietro Bovati:
“L’ascolto del Signore è rimpiazzato da un appariscente e ripetuto apparato rituale. La vita credente è così identificata con cerimonie e culti, con osservanze e regole esteriori, con celebrazioni e feste che offrono l’apparenza della fedeltà a Dio senza tuttavia impegnare la coscienza, senza davvero convertire il cuore.”
A questo proposito troviamo parole molte dure in diversi testi profetici, come ad esempio al capitolo 1 di Isaia:
Vs 10 Udite la parola del Signore…questo invito ad ascoltare la Parola viene ripetuto più volte.
Vs 13 non posso sopportare delitto e solennità
Vs 17 imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova: qui spiega cosa vuole Dio. In certe situazioni si può vivere il rapporto con Dio senza culto, ma senza giustizia no.
Ricordiamo anche Geremia al capitolo 7 (testo ripreso da Gesù nel vangelo): avete ridotto la casa del padre mio ad una spelonca di ladri: il tempio, che dovrebbe essere il luogo in cui si prendono le distanze dal male, è diventato rifugio per i malfattori. E’ la bestemmia vera contro l’identità di Dio ed è un rischio ricorrente.
- E’ un invito a comprendere bene il senso del culto, della preghiera, che non è fine a se stessa, ma è in funzione della vita secondo il Vangelo.
Nel capitolo 30, Isaia denuncia la stupidità di Israele nel rivolgersi all’Egitto:
vs 1-2 Guai a voi, figli ribelli, che fate progetti senza di me, vi legate con alleanze che io non ho ispirate così da aggiungere peccato a peccato. Siete partiti per scendere in Egitto senza consultarmi, per mettervi sotto la protezione del faraone e per ripararvi all’ombra dell’Egitto.
- Noi, anche come Chiesa, a chi chiediamo aiuto?
Quello che è accaduto al tempo di Isaia, la sua denuncia, non è una cosa lontana, ma ci interpella anche oggi, di fronte alla crisi perdurante non solo economica, ma anche morale e culturale, avvertiamo la stessa sensazione di accerchiamento che sentivano i Giudei di fronte all’Assiria. Rischiamo anche oggi di uniformarci acriticamente al giudizio dell’ideologia rassicurante, di non volere guardare in profondità la realtà che stiamo vivendo con le sue potenzialità e difficoltà, di non voler ponderare quello che sta succedendo veramente.
A questo proposito, Bovati sostiene che “Chi governa tende a creare servilismo e anche coloro che per vocazione (i profeti) sarebbero chiamati a parole coraggiose di libertà sentono il fascino del consenso nei confronti del potente e accettano per sopravvivere e per fare carriera di sottomettere la verità alle opinioni vincenti.
In questa situazione si finisce per convincersi che l’unica soluzione è ricorrere al faraone di turno, sposando letture semplicistiche della realtà e appoggiando soluzioni basate sulla mera logica della forza. La follia denunciata dal profeta si ripresenta.”
Questo fatto non è neutro, ma ne va del futuro, perché ci potrebbero essere conseguenze di morte.
- Torniamo a lasciarci interrogare!
DOMANDE:
- Come uscire dalla cecità imperante?
Le possibilità ci sono, ma se non ci si lascia interrogare, si finirà nel baratro. Due esperienze possono scuotere le coscienze: un grande errore o una grande sofferenza. Si può cambiare quando c’è un coinvolgimento emotivo.
- Dove sta il profetare oggi?
- Quale Dio stiamo facendo vedere?
Si profetizza anche con i gesti. Il Papa suscita resistenze perché tocca punti caldi, ad esempio invita la Chiesa ad essere un OSPEDALE DA CAMPO, immischiata e coinvolta nella sofferenza umana.
IV lectio di P. Maurizio Teani sj – Venerdì 19 gennaio 2018
L’enigma e il senso della storia.
Una lettura del profetismo biblico – GEREMIA
Testo di riferimento è il capitolo 1 del libro di Geremia: la vocazione di Geremia
Memori che ciascuno di noi con il Battesimo è chiamato a vivere il ministero profetico, riprendiamo la lettura della storia e del significato degli avvenimenti.
I profeti rivendicano un’autorevolezza perché affermano che Dio è entrato fortemente nella loro vita e quindi la parola che annunciano è ispirata da Lui. Normalmente il profeta è ostacolato; per questo nei libri profetici si trova quasi sempre un “racconto di vocazione”, a testimoniare il suo ruolo autorevole all’interno della comunità.
Stasera leggeremo il racconto della vocazione di Geremia presente nel capitolo 1 (Ger 1, 4-10; 18-19), con inseriti al centro due visioni profetiche.
I primi 3 versetti del capitolo 1 ci restituiscono l’inquadramento storico della profezia: ci troviamo nel territorio di Beniamino al tempo di Giosia, figlio di Amon.
Vs 4 La parola del Signore fu a me: “Prima che tu fossi formato nel grembo materno, io ti ho riconosciuto, prima che tu uscissi dal ventre ti ho separato; ti ho stabilito profeta delle nazioni… quando eri un feto informe prima che tu avessi acquisito la tua identità, io ti ho riconosciuto, prima che ti fosse tagliato il cordone ombelicale – gesto che il padre compie riconoscendo il figlio e dandogli il nome – io ti ho pensato per un servizio particolare alla comunità; ti ho donato profeta delle nazioni. C’è un’anteriorità alla propria storia personale che definisce l’identità e la missione del profeta.
- Ognuno è un dono di Dio per gli altri: quando Dio consacra qualcuno, è sempre per il bene della comunità. La chiamata e la missione sono collegate: Dio chiama ciascuno non perché si isoli, ma perché vada e si faccia dono per gli altri.
La prima reazione di Geremia, come anche quella di Mosè e di Abramo, è quella di mettere in luce la propria inadeguatezza di fronte alla missione ricevuta, lo sconcerto di fronte alla chiamata di Dio. L’esperienza di resistere a questa chiamata garantisce che la parola del profeta non è un prodotto della sua fantasia, ma è un segno di autenticità.
Vs 6 ecco, io non so parlare, perché sono giovane… Geremia riceve una missione di Parola, ma si sente troppo giovane per poter interpretare la realtà alla luce di questa Parola, perché a differenza dell’anziano ha fatto ancora poca esperienza per essere autorevole di fronte alla comunità.
Vs 7 tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò… e dirai tutto quello che ti comanderò… in queste parole viene sottolineata la totalità del messaggio che è rivolto a tutti e che non deve essere distorto. L’ obiezione del profeta non regge, perché la forza gli verrà da Dio.
Vs 8 non avere paura: Geremia ha paura per la missione che lo aspetta e che comporterà leggere in profondità le situazioni e smascherare le responsabilità. E’ una reazione normale, ma che rischia di bloccare il profeta. La parola chiave è “io sono con te”, questa è l’unica garanzia di riuscita della missione che gli è stata affidata. Il nome di Dio, che viene rivelato a Mosè sul monte Sinai, va inteso nella mentalità ebraica: “Io sono colui che sono accanto a te”. E questo “essere con te” viene detto anche a Maria nel momento dell’Annunciazione: “Rallegrati, Maria, il Signore è con te…” E’ proprio il nome di Dio, l’Emanuele, il Dio con noi rivelato da Isaia e annunciato in tutto il vangelo di Matteo.
- Qual è l’esperienza che permette di vincere le proprie resistenze, di superare la paura?
E’ proprio l’esperienza del Dio con noi.
Anche la testimonianza dei profeti del nostro tempo, che hanno fatto emergere cose che non andavano bene, si basa su questo: l’importanza di vivere una relazione profonda con il Signore. (cfr con il Salmo 23 il Signore è mio pastore, non manco di nulla).
Vs 9 il Signore stese la mano, mi toccò la bocca… ritroviamo lo stesso verbo DONARE nell’espressione che in italiano viene tradotta “stese la mano = diede la sua mano”, ossia Dio ti ha consacrato, ti ha donato profeta per gli altri. Nell’immagine “tocca le labbra” Dio dona al profeta la sua Parola, che gli permette di vivere questa missione, non lasciandolo alle sue sole forze. Dio interviene direttamente e da qui deriva l’autorevolezza del profeta.
Vs 10 in questo versetto viene descritta la missione di Geremia: Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare… Geremia ha vissuto nel periodo critico del popolo di Israele, al tempo che ha preceduto la deportazione di Israele in Babilonia. Ha denunciato il non ascolto della Parola di Dio, l’idolatria ossia il peccato di affidarsi a realtà assolutizzate, che di fatto non possono salvare. La missione del profeta viene descritta con 4 verbi negativi (sradicare e demolire, distruggere e abbattere) e 2 positivi (edificare e piantare): i verbi negativi annunciano la distruzione del tempio e l’esilio di Israele e, allo stesso tempo, evidenziano la sofferenza del profeta nel dover annunciare la fine del suo popolo. I verbi positivi invece annunciano una speranza, la salvezza promessa, ci sarà un futuro: edificare, in rapporto al tempio, e piantare la vigna, immagine tipica che identifica il nuovo popolo di Israele.
- È interessante sottolineare che affinché ci sia qualcosa di positivo (la costituzione di un popolo fedele, perché il tempio divenga davvero il luogo dove incontrare Dio) è necessario passare attraverso la distruzione. Di fronte al crollo cambia il cuore e si può riedificare.
Vs 17 tu, poi, stringi la veste ai fianchi… altrimenti ti farò temere davanti a loro. Questo versetto esprime la prontezza del profeta e la sua totale disponibilità nell’affidarsi al Signore, perché altrimenti sarà preda della sua stessa paura.
- Se non riusciamo a superare la nostra paura di cambiare, di perdersi, di scoprirsi, fidandoci del Signore, diventeremo preda della nostra stessa paura e prenderemo decisioni per difendere le nostre sicurezze, rimanendo sempre in una logica di immobilità e schiavitù.
Vs 18-19 … ed ecco oggi io faccio di te una fortezza, come un muro di bronzo… ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti: in questi versetti viene ribadita la forte opposizione che il profeta deve affrontare, sostenuto dal Signore che rimane con lui. Questa immagine è ripresa in Lc 9,51 indurì il suo volto e lo orientò verso Gerusalemme…, quando Gesù prese la ferma decisione (= come un muro di bronzo, una colonna di ferro) di recarsi a Gerusalemme. Il profeta, come Gesù, è reso capace di affrontare la situazione di pericolo, con la virtù della fortezza alimentata dalla sua relazione col Signore.
I versetti 11-12 e 13-16 presentano due visioni, frequenti nei libri dei profeti. Il loro significato è che il profeta, per intervento di Dio, è reso capace di vedere in profondità la realtà, al di là della superficie.
- Potrebbe essere chiesto anche a noi riguardo alla realtà che viviamo: “Cosa vedi?”
Vs11 “Che cosa vedi Geremia?” Risposi: “Vedo un ramo di mandorlo…” Il mandorlo è il primo albero che si risveglia a primavera, perciò in ebraico è detto “il vegliante”. Geremia vede un mandorlo vegliante, a simboleggiare che Dio è presente nella storia, non dorme, ma vigila affinché la sua Parola, che abbatte e ricostruisce, si compia. Il mestiere del profeta non è facile, perché spesso viene deriso e la sua parola messa in discussione. Al capitolo Ger 17,15 ritroviamo la domanda costante del popolo “dov’è la parola del Signore? Si compia finalmente!” … domanda che umanamente risuona anche dentro il profeta, ma alla quale lui stesso risponde in virtù di questa visione: il Signore è presente nelle piccole cose e vigila nella storia. Ricordiamo a questo proposito anche le diverse parabole del Regno e tra queste quella del granellino di senape che simboleggia la venuta del Regno: apparentemente non visibile all’inizio ma col tempo diviene dimora di numerosi uccelli con la sua grandiosità.
Vs 13-15 “Che cosa vedi?” Risposi: “Vedo una caldaia di fuoco inclinata verso settentrione” Il Signore conferma che la sventura verrà dal nord con le truppe babilonesi. Questo ci fa osservare che il profeta, aiutato da Dio, fa una lettura non condivisa da altri; infatti la pentola sul fuoco potrebbe rappresentare una cosa positiva, ma in realtà preannuncia l’avvento della devastazione di Israele. I falsi profeti spesso preannunciano “pace pace” dove la pace effettivamente non si può realizzare, il profeta di Dio invece mette in luce il vero stravolgimento della realtà andando contro il pensiero comune.
- In tempi difficili, la lettura della realtà può essere distorta e richiede la presenza di una persona autorevole che la interpreti.
Come ogni profeta di Dio, prima di comunicarla agli altri, Geremia sperimenta, vive, soppesa e soffre la Parola, fa fatica ad accettarla, come è descritto in alcuni testi autobiografici del suo libro, nelle cosiddette “Confessioni di Geremia”:
Ger 20, 7-9 Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me.
Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.
Ger 20, 14-18 Maledetto il giorno in cui nacqui; il giorno in cui mia madre mi diede alla luce non sia mai benedetto. Maledetto l’uomo che portò la notizia a mio padre, dicendo:
«Ti è nato un figlio maschio», colmandolo di gioia.
Quell’uomo sia come le città che il Signore ha demolito senza compassione.
Ascolti grida al mattino e rumori di guerra a mezzogiorno,
perché non mi fece morire nel grembo materno;
mia madre sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre.
Perché mai sono uscito dal seno materno per vedere tormenti e dolore
e per finire i miei giorni nella vergogna?
Il versetto 14 collega la missione, descritta nel capitolo 1, alla nascita reale del profeta e rappresenta il verso più tragico. Il profeta maledice il giorno della sua nascita, come a rinnegare la missione che gli è stata affidata dal Signore, ma allo stesso tempo la sua nascita costituisce una promessa di vita e di salvezza per il popolo di Israele. In questi versetti il profeta esprime proprio la crisi della sua esperienza: perché nascere per morire? Perché uscire dall’Egitto (= il verbo della nascita) per morire nel deserto? La possibilità di una vita libera viene letta come una condanna a morte. Ma lo stesso Geremia, di fronte alla conquista di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, acquisterà un campo come segno di speranza, lui con la sua vita testimonia al popolo di Israele la possibilità della salvezza, di una terra promessa.
Altre parti della Bibbia evidenziano come il profeta di Dio vive spesso la sua testimonianza come un’esperienza di angoscia, fatica e sofferenza (Cfr Giobbe 3, 3: perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: ”è stato concepito un uomo!”). Lo stesso Gesù, nella preghiera del Getsemani, non maledice la sua nascita, ma avverte l’abbandono del Padre e l’incomprensione dei discepoli che hanno condiviso con lui il cammino evangelico.
III lectio di P. Maurizio Teani sj – Venerdì 15 dicembre 2017
L’enigma e il senso della storia.
Una lettura del profetismo biblico – ISAIA
Testi di riferimento sono i capitoli dal 7 al 12 del libro di Isaia: il “libro dell’Emanuele”, Dio con noi.
Siamo nella seconda metà dell’ottavo secolo. Le tribù del Nord, tassate da Giuda, alla morte di Salomone chiesero a suo figlio Roboamo di alleggerire il peso fiscale. Roboamo lo negò e questo comportò una scissione per motivi di giustizia: lo scenario è quindi quello della difficoltà di fare fraternità.
Cap 7, 1-7
Contestualizzazione: la Siria era la superpotenza del tempo e dominava con forza. Il re di Siria e il re di Israele si erano alleati e avevano chiesto anche al re di Giuda di unirsi a loro, ma questi rifiutò e allora lo attaccarono. Quando ciò venne annunciato alla casa regnante, ci fu una reazione di sconcerto e di angoscia: Vs 2 Allora il suo cuore e il cuore del popolo si agitarono, come si agitano i rami del bosco per il vento.
- Noi oggi da quali minacce siamo agitati?
Vs 3 Seriasùb nome che significa ”un resto ritornerà”: è un segno di speranza. …Va’ incontro ad Acaz fino al termine del canale della piscina superiore … il luogo è doppiamente importante, sia perché in caso di assedio era necessario avere una riserva d’acqua, sia perché nelle vicinanze avveniva la consacrazione regale; ricorda inoltre la promessa fatta da Dio a Davide riguardo la continuità del suo regno. Ma questa promessa ora sembra messa in crisi dalla situazione che si è creata.
- Come viviamo noi oggi? Come ci sembra che sia messa in crisi la promessa?
Vs 9b ma se non crederete, non resterete saldi : il verbo aman significa essere sicuro, fondato; da questa radice viene amen, come anche Mammona.
- Su cosa fondiamo la nostra esistenza?
Il fondamento della nostra vita ha a che fare con ciò in cui crediamo e sicuramente tutti vivono di una qualche fede. Il punto è verificare se questa fede su cui basiamo la nostra vita rimane salda nei momenti meno favorevoli, quando facciamo fatica a rimanere in piedi. Qui è in gioco la verità della Parola di Dio e il fondamento della nostra vita: Gesù parla della casa costruita sulla roccia… ci invita a porre il nostro fondamento in Dio.
Cap 8, 5-10
Vs 5 “Poiché questo popolo ha rigettato le acque di Siloe, che scorrono piano, e trema per Rezìn e per il figlio di Romelia, per questo, ecco, il Signore gonfierà contro di loro le acque del fiume, impetuose e abbondanti… In Israele ci sono le piccole acque e poi c’è il grande fiume dell’Assiria, l’Eufrate. Questo sta a significare che i Giudei non si sono fidati e sono andati a cercare aiuto altrove. Queste parole ci invitano a fidarci di quel poco che Dio ci ha dato e che è garanzia di quello che Lui ha detto.
Tornando al vs 7, 10 leggiamo: Il Signore parlò ancora ad Acaz:” Chiedi per te un segno dal Signore tuo Dio…” Noi dobbiamo chiedere un segno al Signore: chiedere di avere occhi e intelligenza spirituale per cogliere la sua presenza tra di noi. Non chiedere un segno significa non avere fede che Dio possa aprire squarci di novità oggi.
- Quale segno viene dato qua?
Vs 14: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emanuele. che rimanda alle parole del Vangelo di Lc 2, 10 Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. Il segno è piccolo, sproporzionato rispetto alla realtà, ma è un segno di vita che sta sbocciando. Le fasce e la mangiatoia indicano che viene affidato alle mani dell’uomo. Se questo segno piccolo non viene accolto e non ci si prende cura di esso, non potrà crescere.
- Dove andiamo a cercare i segni di Dio? Abbiamo occhi e cuore attenti per riconoscere quei germi di novità che il Signore anche oggi ci dona e che possono crescere nella misura in cui ce ne facciamo carico?
Mt 1, 23 …Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emanuele, che significa Dio con noi. Il Vangelo di Matteo termina con Gesù risorto che dice ai suoi al vs 28, 20: Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Tutto il vangelo di Matteo è racchiuso tra queste espressioni ” con noi” – “con voi” e il tutto viene esplicitato dalle parole e dai gesti che Gesù compie.
I Magi, segno della sapienza orientale, sono persone in ricerca e anche loro faticano a trovare. La loro ricerca è accompagnata dalla stella e dal Libro. Finalmente, con perseveranza, arrivano ad una grotta, dove si stupiscono nel vedere una donna con il suo bambino appena nato.
Anche il Salmo 86, un salmo di supplica, si conclude dicendo al vs 17: Dammi un segno di benevolenza.
A Maria viene dato un segno: Lc 1, 36: Ecco, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile…
Ecco = apri gli occhi… Maria è la credente capace di vedere un germoglio nel suo popolo, che ormai sembrava segnato dalla sterilità. La novità di Dio rimane nascosta e ci vuole l’occhio della fede per coglierla.
Cap 9, 1-6
Vs 1 Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce… nella notte in cui non si vede più nulla, la luce di Dio interviene, come nel cantico di Zaccaria, vedi Lc 1,78 …per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge…
Il motivo della luce che risplende nelle tenebre ha inciso nella scelta della data del Natale: corrisponde al giorno del solstizio, in cui le ore di luce cominciano ad aumentare. L’azione di Dio è quella di illuminare la notte dell’uomo e si concretizza nel portare la pace. Il realizzarsi della promessa dipende dalla risposta e dalle scelte che vengono prese dall’uomo.
La presenza di questo bambino è motivo di gioia, tema caro al Papa. La gioia del Vangelo, l’Amoris laetitia, è radicata nella coscienza dell’uomo, nella consapevolezza che non siamo orfani, ma siamo accompagnati, che dentro le tenebre c’è la luce, che dentro la nostra sterilità c’è un bambino.
Cap 11, 1-9
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici…
Iesse era il padre di Davide: il capitolo 11 inizia richiamando la discendenza del re al quale era stata fatta la promessa. L’immagine però è quella di un tronco tagliato che indica una situazione apparentemente senza futuro. In realtà proprio da questo tronco tagliato verrà fuori un germoglio: una cosa piccola all’inizio, ma una speranza, una novità che Dio innesta dentro i fallimenti dell’uomo.
Vs 9,2 … Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore, … in questi versetti vengono elencate alcune caratteristiche di questo bambino. Nella traduzione greca, posteriore a quella ebraica, è stata aggiunta la pietà di Dio e da qui sono stati individuati i 7 doni dello Spirito Santo. Queste dimensioni dovrebbero caratterizzare anche ciascuno di noi attraverso la potenza dello Spirito.
Nello specifico evidenziamo 3 di queste caratteristiche:
Sapienza: saper distinguere ciò che è bene da ciò che è male, leggere in profondità (da sapěre = gustare) saper gustare, distinguere ciò che è buono da ciò che è velenoso, corrisponde al discernimento.
Consiglio: prudenza nel ponderare le scelte … siate prudenti come serpenti, semplici come colombe.
Fortezza d’animo: capacità di non lasciarsi scoraggiare, di far fronte alle difficoltà.
Alla luce di questi testi, siamo chiamati, in questo periodo natalizio, a verificare quale sia il fondamento su cui ci basiamo, di chi ci fidiamo veramente.
Ricordiamo che la fede è la capacità di leggere quel poco che Dio ha messo nella nostra vita, perché fidandoci possiamo essere testimoni di cose impensabili.
II lectio di P. Maurizio Teani sj – Venerdì 24 novembre 2017
L’enigma e il senso della storia.
Una lettura del profetismo biblico – ELIA
Il profeta non ha Dio in tasca, non riconosce facilmente dove Dio parla negli eventi concreti della storia, ma deve fare discernimento, cercare di leggere quello che sta accadendo alla luce di Dio.
Il profeta stesso, che invita gli altri alla conversione, è chiamato per primo a cambiare il modo di capire e di vedere come Dio opera nella storia.
Testi di riferimento sono i capitoli dal 17 al 19 del Primo Libro dei Re.
Elia ha operato nel nord di Israele nella prima metà del IX sec. Alla morte di Salomone le tribù del nord si erano staccate da quelle del sud (da Giuda), per motivi di giustizia sociale.
Israele era governato dal re Acab che, per una politica di alleanze, aveva sposato Getzabele, figlia del re di Tiro, la quale aveva introdotto in Israele la religione dei Fenici. Questi adoravano Baal (che letteralmente significa padrone, signore, marito), divinità della tempesta, della pioggia e della fecondità, che era paragonabile a Giove Pluvio e che come lui era rappresentata con un fascio di saette.
Noi oggi spesso ci comportiamo come i Fenici, ci inchiniamo davanti a quelle realtà che appaiono interessanti perché pensiamo di ottenere facilmente fecondità e ricchezza.
Getzabele aveva perciò corrotto lo Javhismo ed Elia ha la missione di denunciare la situazione, mettendo in guardia coloro che si erano consegnati a questa falsa divinità che non avrebbero ricevuto fertilità e ricchezza, ma sterilità, aridità, distruzione e morte.
Questo accade anche a noi tutte le volte che cadiamo nell’idolatria, quando assolutizziamo delle realtà, pensando che diano chissà cosa, ma di fatto portano solo desolazione e distruzione. Il messaggio che Elia deve profetizzare è: chi dà la pioggia non è Baal, ma Dio. Elia però non si esprime secondo Dio, infatti dentro le sue parole si percepisce un po’ di presunzione.
Cap 17 vs 1: Elia, il Tisbita, uno degli abitanti di Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio di Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io». Subito dopo leggiamo al vs 2: a lui fu rivolta questa parola del Signore: “Vattene di qui, dirigiti verso oriente”. L’autore ci mette in guardia: solitamente Dio si rivolge ad un profeta dicendogli all’inizio “va”, invece in questi versetti Dio interviene dopo che Elia ha parlato ad Acab. Questo è un modo sottile per indicare come Elia si sia un po’ impadronito del messaggio e non lo stia trasmettendo secondo lo stile di Dio.
Vs 4 i corvi per mio comando ti porteranno il tuo cibo. I corvi nella Bibbia erano considerati animali impuri, ma proprio attraverso un animale disprezzato Dio nutre il profeta.
Vs 9 Dio interviene la seconda volta: Alzati, va’ in Zarepta… io ho dato ordine ad una vedova di là per il tuo cibo. Alzati e va’ sono verbi di missione; Dio manda Elia più lontano, in Fenicia, nel territorio di Getzabele, dove sarà mantenuto da una donna vedova pagana. Quasi a dimostrargli che il bene c’è dappertutto.
Cap 18 vs 1 Dopo molto tempo, il Signore disse a Elia, nell’anno terzo: «Su, mostrati ad Acab; io concederò la pioggia alla terra». Dopo tre anni di siccità, Elia riceve la terza parola di Dio e viene inviato al re Acab, al quale si era già rivolto a modo suo in passato. Notiamo il contrasto tra quanto aveva detto Elia al capitolo 17 e quanto dice Dio al capitolo 18: la pioggia la manderà Dio. Lo stato di siccità è un progetto di Dio che cerca sempre il bene di tutti. Il profeta obbedisce e si presenta ad Acab. Segue lo scontro sul monte Carmelo tra Acab ed Elia al fine di provare quale delle 2 divinità sia il vero Dio. Il Signore invia il fuoco che consuma l’olocausto, preparato per le divinità, ed Elia vittorioso sgozza i 450 profeti di Baal.
Cap 19 Il capitolo si apre con la notizia dell’accaduto riportata a Getzabele da Acab. Elia si rende conto che il potere è ancora in mano a quei due, ha paura e scappa più a Sud, uscendo dal territorio di Israele, fuori dalla giurisdizione della regina.
Vs 5 …si coricò e si addormentò… il sonno è segno di un appannamento interiore, di una fatica a sostenere una situazione difficile: Elia pensava di aver sconfitto quel potere idolatrico, invece si rende conto di aver fallito nella missione quando aveva profetizzato autonomamente, pieno di sé, in modo violento. Il Signore allora si fa presente attraverso un suo angelo = messaggero, trovando modo di sostenere il suo inviato. Una focaccia e un po’ di acqua sembrano segni insignificanti, ma se accolti, danno la forza necessaria per riprendere il cammino in modo nuovo. Elia sostenuto da questo nutrimento, dopo quaranta giorni di cammino, raggiunge l’Oreb, il monte di Dio. La sua fuga diventa così un cammino di ricerca, la sua domanda A chi è in mano la storia? trova la risposta nella ricerca del Dio dell’Esodo.
Dal vs 9 è Dio che va a cercare Elia: che fai qui, Elia? E’ una domanda che rivela la pedagogia di Dio, come tante altre, che invitano il soggetto a guardarsi dentro e a comprendere cosa sta vivendo. E’ un modo per aiutare Elia a fare chiarezza, ad esprimere quello che sta attraversando, a non mentire a se stesso. Anche Ignazio negli EESS desidera accompagnare le persone, li invita a fare chiarezza nella propria vita.
Il profeta sfoga tutto il suo rancore e dichiara che sta cercando di difendere Dio, dal momento che il popolo ha iniziato ad essergli infedele seguendo Baal – potremmo oggi dire i Baal di turno. Elia crede di essere rimasto solo a credere nell’alleanza tra il Signore e il popolo di Israele. Allora Dio gli dice al versetto 11 …esci e fermati sul monte alla presenza del Signore. Dio non si rivela nel vento forte, nel terremoto, nel fuoco – tutti elementi presenti nella rivelazione a Mosè sul monte Sinai. Dio si rivela nel mormorio di un vento leggero: non sono i modi prodigiosi quelli con cui Dio si rivela, bensì utilizza un segno tenue, che richiede attenzione per essere riconosciuto. E questo sarà lo stile che il profeta deve assumere.
La forza di Dio, che si rivelerà in maniera sempre più piena con Gesù, è quella dell’Amore inerme, che lavora dall’interno (non spezzerà la canna fragile, né spegnerà il lucignolo fumigante). Ciò significa che siamo chiamati ad un cambiamento interiore per seguire realmente il progetto di Dio.
- Quali segni cerchiamo?
- Ci stiamo preparando al Natale: qual è il segno del Natale che stravolge il pensiero comune? Un bambino piccolo e indifeso che viene per salvarci!
Elia non si lascia convincere facilmente, come succede spesso anche a noi. Nonostante abbia sperimentato la presenza del Signore nel vento leggero, Elia risponde alla seconda chiamata con le stesse parole: … «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita» … a significare la sua fatica ad entrare in questo nuovo progetto divino che prevede una conversione radicale ed interiore: occorre cambiare totalmente il proprio orizzonte di vita, proprio di 180°.
Vs 15-16: .. Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto. Questa conversione comporta un cambiamento nella lettura della realtà, infatti Elia ungerà un nemico come re di Aram (che corrisponde all’attuale Siria, nemici storici di Israele). Poi Dio gli annuncia che ungerà Eliseo, il profeta che continuerà l’opera di Elia, come a dire che non sarà lui, ma un altro a continuare l’opera di Dio.
Vs 18 Io poi mi sono risparmiato in Israele 7.000 persone, quanti non hanno piegato le ginocchia a Baal… Elia credeva di essere rimasto il solo fedele, mentre il Signore gli/ci dimostra che agisce nel segreto delle coscienze di tutti, ottenendo conversioni che spesso ci sorprendono.
Gli incontri a S.Giorgio possono creare occasioni di condivisione, per sperimentare un’attenzione comune a certi valori, alla Parola del Vangelo. Quando ci si trova in difficoltà, sembra che tutto crolli, ma Dio ci invita ad una rilettura. Il rischio è di pensare alla propria missione come ad un’ennesima battaglia da affrontare, mentre quello che ci è chiesto è invece di sposare lo stile di servizio, che Gesù ci ha rivelato.
Papa Giovanni aveva fatto una scelta esplicita nella sua pastorale: portare a tutti l’Evangelo con segni di amicizia e di misericordia. Quando era Nunzio Vaticano negli anni ’30, in Bulgaria, aveva fatto amicizia con gli Ortodossi, e per questo era stato criticato a Roma. Da patriarca di Venezia invitava i suoi preti ad usare parole di misericordia, piuttosto che di condanna verso coloro che faticavano a seguire la parola del Signore.
Così Papa Francesco con l’Evangelii Gaudium, quando usa la parola MISERICORDIA non è per intendere un atteggiamento di buonismo, ma per indicare un preciso stile da acquisire, al fine di intervenire in questa nostra storia che si dimostra sempre più idolatra. Anche oggi, infatti, abbiamo i nostri Baal e l’intervento di Dio sembra essere sempre più sfumato, meno visibile. Ma noi cristiani dobbiamo rimanere vigilanti, perché siamo chiamati a “non fissare lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne”, come dice San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi.
Don Mazzolari diceva: “Là dove l’uomo è passato creando solitudine e morte, lo Spirito del Signore fa rigermogliare ogni cosa nel silenzio”.
Questa lettura della vicenda di Elia diventa quindi un invito per ciascuno di noi nel cercare QUALI sono i segni di Dio e nel comprendere COME Lui opera nella nostra storia. La proposta è dunque quella che il Papa esplicita anche nell’Evangelii Gaudium, ossia di trasmettere con i gesti la Buona Notizia, prima ancora che con le parole, come ha fatto Gesù che si metteva a tavola con i peccatori, prima di rassicurare loro che il Padre era pronto ad accoglierli così com’erano nei loro fallimenti.
I lectio di P. Maurizio Teani sj – Venerdì 20 ottobre 2017
L’enigma e il senso della storia.
Una lettura del profetismo biblico – MICHEA
Riflessione da fare insieme a partire dalla Parola di Dio. L’argomento riguarda il profetismo biblico, una lettura, un approccio, che ha come punto di riferimento la lettura dell’enigma della storia, secondo quello che emerge dai profeti.
Testo di riferimento è il Capitolo 22,1-28 del Primo libro dei Re
Nella Bibbia che utilizziamo, che segue la traduzione greca dei 70, fatta 3 secoli prima di Cristo, quando gli ebrei erano ormai dispersi e si conosceva il greco, ma non più l’ebraico, questo testo appartiene ai libri storici: Giosuè, Giudici, 1 e 2 Sam, 1 e 2 Re, cioè dalla nascita della monarchia fino all’esilio.
Nella Bibbia ebraica, quella originaria, sono detti invece libri profetici, non solo perché compaiono alcune figure di profeti, come Elia, Eliseo, Natan, ma per l’intuizione che la storia è profezia, nella storia Dio parla, in quel che succede c’è un messaggio che va capito e interpretato.
Il testo è situato più o meno nel IX sec a.C.
Vs 1 Aramei: Siriani. 3 anni senza guerra tra Aram e Israele era qualcosa di straordinario! Alla morte di Salomone il regno si divise: a Nord si formò il regno di Israele, a Sud quello di Giuda: un problema di rottura della fraternità.
Vs 3 Ramot : territorio di confine, oltre il Giordano, conteso. Il re progetta una guerra che, come sempre, si vuole giustificare.
Vs 5 consulta oggi stesso la parola del Signore: nella corte del re c’era una corporazione di profeti, incaricati di dire al re quale fosse la volontà di Dio sulle imprese che il re voleva intraprendere; questo fa parte di una istituzione di Israele, interessante se pensiamo a Natan con Davide, o a Giovanni Battista con Erode. L’intuizione era che anche l’ambito pubblico, politico deve essere sottoposto alla volontà di Dio: il re non può fare quel che vuole, ma deve prendere decisioni vagliate dalla volontà di Dio e colui che deve interpretare la Parola di Dio è il profeta. Questo è interessante anche per noi oggi. La chiesa ha il compito profetico.
Profeta è colui che dice il senso del presente, legge in profondità quel che sta succedendo, interpreta gli eventi. Poi, se parla del futuro, non è che prevede ma dice che oggi ci sono dei segnali che, se non cambiamo, finiremo male. E’ per quello che Erode ha un atteggiamento che sembra contradditorio con Giovanni: da una parte l’ha messo in prigione, ma – dice Luca – aveva rispetto e gli rincresce, aveva un senso di attenzione a questa presenza, anche se poi, di fatto, non lo ascoltava.
Vs 4… i profeti, in numero di quattrocento: già il numero comincia a puzzare. Profeti di corte che diventano cortigiani. Questi dicono quello che il re vuole sentirsi dire, sono ideologi, venduti al potente, appoggiano le sue ambizioni, i suoi progetti perché, come appare anche in altri testi della Scrittura, è evidente che questi vivevano alla tavola del re. Di fronte ai vantaggi che dava loro il servizio, rischiavano di annacquare la Parola di Dio, di non comunicare quello che Dio voleva comunicare.
Qui esce il problema del vero e del falso profeta in Israele, ma anche oggi. Il problema è chi ascoltiamo: attraverso chi, attraverso quale lettura dei fatti noi interpretiamo quel che sta succedendo. Ci sono cose difficili, oggi, ad es. i rifugiati. Dove troviamo come cristiani una parola che illumina, che guarda al di là della superficie e delle reazioni immediate?
Vs 7 Non c’è più nessun altro profeta… noi diremmo: “hai cercato di ascoltare davvero? Ti sei misurato con la Parola di Dio, ti sei fatto aiutare?”
Michea non è presente a corte, quasi a significare una presa di distanza, una situazione di chiusura che lui non può avvallare; la distanza materiale sta a significare una distanza di fronte al comportamento.
Vs 8 il re non parli così : ti stai precludendo la comprensione di quello che il Signore ti sta dicendo oggi? Non vedi che hai già orientato la tua decisione?
Vs 11 così dice il Signore: formula del profeta.
Vs 15 attaccala… : risposta ironica; l’ironia diventa un modo per provocare.
Vs 17 Vedo tutti gli Israeliti…: se vanno nella linea che dici tu, c’è disastro, dispersione, morte. Il re non è il padrone.
Vs 19 Io ho visto il Signore…: visione mitologica. Solo ora viene fuori il nome del re di Israele, Acab. E’ una figura che ha perduto consistenza con il suo modo di comportarsi. Il testo Insiste sulla menzogna, l’inganno. C’è nella storia una presenza che trasmette una lettura della vita, dei fatti, del senso delle relazioni che è menzognera e tendenzialmente questo inganno si fa strada. Il falso profeta è colui che trasmette una lettura distorta della realtà. Ascoltare un falso profeta vuol dire andare verso la morte, verso la divisione, la distruzione, ma tu ci vai perché ti sei fatto ingannare, hai creduto a una menzogna perché sia il vero che il falso chiedono un’adesione a quello che dicono. Il dramma è scoprire che ti sei fidato di una menzogna, che pensavi di andare verso la vita e hai trovato morte, verso la libertà e hai invece creato schiavitù. Nessuno va in certe direzioni perché vuole il male suo e degli altri, tranne poche eccezioni. Pensiamo a Gn , quando il serpente, figura di questa parola menzognera, ma che seduce, dice: “se tu allunghi le mani sul frutto, farai cose straordinarie”. E’ un’insistenza che troviamo sempre nella Scrittura. La rappresentazione mitologica è tipica dei tempi: si immagina Dio come un re supremo, circondato dalla sua corte, che governa il mondo. Il fatto che Lui mandi qualcuno, uno spirito, che porta i profeti, e quindi il re, ad affidarsi a una menzogna è una maniera per dire che gli stessi messaggeri di Dio invece di produrre conversione producono indurimento, come Giosafat.
Vs 24 Sedecìa si avvicinò a Michea e lo percosse: scontro.
Vs 25 lo vedrai…: il giorno in cui certe scelte porteranno i loro frutti disastrosi ti renderai conto che ti sei fatto tramite di una parola che uccide. Vedere l’importanza della parola, della riflessione, della comunicazione: ci vuole la prassi, bisogna vivere, sì, ma la parola di senso, la parola che aiuta a capire è fondamentale. Nel Vangelo quando Gesù vede le folle, ne prova compassione e, ancora prima di spezzare il pane per loro, insegna molte cose, le aiuta a capire quello che stanno vivendo.
- Quanto riusciamo a farlo tra di noi, nelle nostre famiglie, con la gente? Perché uno ha bisogno del cibo, ma ancor di più della parola che illumina.
Vs 28 se davvero tornerai in pace: criterio ultimo per riconoscere il vero dal falso profeta. Nella bibbia ci sono un po’ di criteri, ad esempio criterio del disinteresse del profeta, ma non è un criterio decisivo, perché i profeti vivevano a corte. Mt 13 dice “l’operaio ha diritto alla sua mercede”. Altro criterio è l’insegnamento secondo tradizione: che non dica eresie, ma è un criterio di non facile applicazione; Gesù agli occhi delle autorità religiose era eterodosso quando criticava un certo modo di vivere il sabato, quando diceva che il tempio verrà distrutto. Il criterio decisivo è questo: quando la parola del profeta si compie, ma è un criterio drammatico: quando c’è il crollo ci si rende conto che i profeti avevano indicato la linea di senso, avevano messo in guardia. Pensiamo all’esperienza dell’esilio in Israele: perdono tutto e allora capiscono che hanno chiuso gli orecchi, hanno dato retta alla menzogna. Se prendiamo il nazismo o il maoismo: alla TV vediamo ancora le manifestazioni di folla di quei tempi e c’erano gli ideologi, c’era cura della comunicazione. Ma abbiamo visto le conseguenze drammatiche della guerra. Di fronte a queste ci si è chiesti: ma a cosa abbiamo creduto? C’erano alcuni, minoritari, che levavano la voce a dire che quella direzione non era giusta e così è stato con Mao. Bisognerebbe che uno ascoltasse prima.
Il Signore continua a mandare i suoi profeti, ma se non si ascoltiamo… Il Signore non ci abbandona, ma non risolve i problemi con la bacchetta magica; se c’è stato il male, ci sono delle conseguenze; il male fa male non solo agli altri, ma anche a chi lo compie.
Il tema di stasera è che nella storia c’è una lotta fra vera e falsa profezia, tra parola che aiuta a capire quel che sta succedendo e una che non aiuta, parola che può venire da varie parti, ma che interroga; chi ascoltiamo?
Pietro Bovati sj in una sua pagina richiama il rifiuto del vero profeta, che non avviene solo a livello personale, ma si estende all’intera società, che nel suo insieme rischia di rendersi sorda, di prestare l’orecchio solo a certe voci :
“Le orecchie diventano quasi atrofizzate, il cuore insensibile. Il rifiuto della verità che viene da Dio diventa sistema, costume sociale. Dio e la sua Parola vengono sostituiti da altre voci a cui si accorda quasi un valore sacrale. L’ascolto di Dio è rimpiazzato con un appariscente e ripetuto apparato rituale. La vita credente è così identificata con cerimonie e culti, osservanza di regole liturgiche che offrono l’apparenza della fedeltà a Dio senza tuttavia impegnare la coscienza, senza convertire il cuore.
Ma la voce del profeta è soffocata anche dal potere dominante che pretende di essere veicolo di pace nel condizionare l’opinione pubblica, uniformando tutto alla propria ideologia. Chi governa tende a creare servilismo. E anche coloro che per vocazione sarebbero chiamati a parole coraggiose di libertà – i profeti – sentono il fascino del consenso nei confronti del potente e accettano per sopravvivere o per fare carriera di sottomettere la verità alle opinioni vincenti.
Ancora più sottile è il rifiuto della profezia quando la rivelazione di Dio è identificata con una dottrina statica, invece di ripensare il cammino che Dio ha dato alla luce della storia”.
Il profeta buono era uno e i falsi profeti tanti.
Come ha fatto Michea, figlio di Imla? Perché ha avuto un rapporto personale con la Parola di Dio, ce l’aveva dentro, perché si è lasciato illuminare da quella.
Il Papa è andato da Don Mazzolari e da don Milani, che sono stati due che non sono stati ascoltati quando dicevano certe cose. Dove hanno trovato la forza?
- Qual è la parola che di fatto ha spazio in me, quali sono i criteri che mi aiutano a leggere quello che sta succedendo?